Il reato di riciclaggio disciplinato dall’art. 648 bis del Codice Penale punisce chi, fuori dai casi di concorso nel reato, “sostituisce o trasferisce denaro, beni o utilità, provenienti da delitti non colposi” compiuti da un soggetto terzo.
In virtù di tale norma non risultava dunque punibile a titolo di riciclaggio il soggetto responsabile del reato presupposto che avesse in qualunque modo sostituito o trasferito il provento stesso del reato.
Le Autorità Internazionali, ed in primis il Fondo Monetario Internazionale, non condividendo tale impostazione e considerando il riciclaggio un fenomeno particolarmente grave, hanno raccomandato al legislatore Italiano di perseguire il riciclaggio anche quando venisse commesso dall’autore del reato presupposto.
In parte il problema è stato affrontato e risolto, in sede di attuazione delle Direttive Europee Antiriciclaggio, dal D.lgs. 231/07: la definizione di riciclaggio ivi contenuta include infatti anche il concetto di autoriciclaggio, ove l’oggetto del riciclaggio siano i proventi/beni di un’azione delittuosa esercitata dallo stesso riciclatore.
Con la Legge 186 del 15 dicembre 2014, “Disposizioni in materia di emissione e rientro di capitali all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio” è stata finalmente introdotta nel Codice Penale Italiano l’autonoma figura dell’Autoriciclaggio.

IL NUOVO REATO PREVISTO DALL’ART. 648 III

Il nuovo reato previsto dall’art 648, sanziona la condotta di chi, dopo aver commesso il reato presupposto, provvede a sostituire, trasferire od occultare i proventi del reato stesso – denaro, beni o altre utilità – per investirli o immetterli in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.
La punibilità è subordinata alla condizione che la condotta di trasferimento o sostituzione sia concretamente idonea a ostacolare la provenienza delittuosa del provento del reato. Sono esclusi i casi in cui il denaro, i beni o le utilità vengano destinati alla mera utilizzazione o godimento personale del reo.
La dottrina sostiene che con il termine “impiego” il legislatore abbia inteso colpire l’utilizzazione del denaro, dei beni o delle altre utilità economiche, provenienti dal reato presupposto, per un determinato e specifico fine. La condotta di sostituzione ricomprenderebbe invece tutte quelle operazioni volte a rimpiazzare il denaro, i beni o le altre utilità con altri e diversi beni mentre il trasferimento atterrebbe allo spostamento dei proventi del reato nel patrimonio altrui.
Il reato viene punito con la reclusione da 2 a 8 anni e la multa da € 5.000 a € 25.000, salvo prevedere, al secondo comma, una pena dimezzata qualora il delitto presupposto dell’autoriciclaggio sia punito con la reclusione inferiore nel massimo a 5 anni.
In virtù di quanto detto, particolare attenzione dovrà essere volta all’attività dei professionisti in quanto l’autoriciclaggio, pur non aumentando le situazioni in cui i medesimi sono tenuti ad effettuare segnalazioni di operazioni sospette all’UIF.

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