La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha diffuso un suo documento titolato “Riduzione del capitale nelle società cooperative e ruolo dell’organo di controllo”, dove si affronta la tematica delle perdite di esercizio “civilistiche” delle cooperative, e delle attività che l’organo di controllo interno delle stesse, quando presente, deve opportunamente seguire al loro verificarsi.
Le cooperative, come noto, hanno norme specifiche contenute nel codice civile così come previsto dal capo II del Titolo VI del libro del Lavoro. Tuttavia, l’articolo 2519 cod. civ. dispone l’applicabilità, per quanto non previsto nel Titolo VI, delle disposizioni sulle Spa purché compatibili, ovvero (al comma 2) la possibilità di adottare nell’atto costitutivo, in alternativa, le norme per le Srl, se la cooperativa non supera determinati parametri dimensionali.
Orbene, nel caso di perdite di bilancio di esercizio, tali per cui viene ad essere intaccato il capitale sociale, possono essere applicate, in quanto compatibili, le disposizioni previste dagli articoli 2446 e 2447 cod. civ. (2482-bis e 2482-ter cod. civ. per le Srl), dal momento che non esistono per le cooperative norme specifiche che trattino la riduzione del capitale sociale per perdite?
Occorre in questo caso riferirsi sempre al codice civile al Titolo VI che prevede all’articolo 2525- duodecies una causa di scioglimento specifica delle cooperative la perdita integrale del capitale sociale. Pertanto, quando gli amministratori non convocano senza indugio l’assemblea, affinché i soci possano prendere gli opportuni provvedimenti, l’organo di controllo, se nominato, è tenuto a farlo in forza dei poteri sostitutivi riconosciuti dalla legge (articolo 2406 cod. civ.). I soci, quindi, saranno chiamati a deliberare sulla rimozione della causa di scioglimento, con la ricapitalizzazione, oppure ad accertarla, con il conseguente adempimento pubblicitario da parte degli organi societari.
Ora, nel caso invece in cui le perdite di esercizio non siano tali da azzerare il capitale sociale, occorre considerare che le cooperative non sono assimilabili in tutto alle società di capitali. Per quanto attiene al capitale sociale nelle cooperative di norma è variabile (articolo 2511 e 2524 cod. civ.), vigendo il principio della “porta aperta”, ovvero sono possibili ingressi e uscite di soci senza che questo costituisca modifica del contratto sociale.
La variabilità del capitale rappresenta quindi un ostacolo all’applicabilità del primo comma dell’articolo 2446 (2482-bis) cod. civ., dal momento che manca il parametro fisso di riferimento su cui basare il calcolo da cui risulti che il patrimonio netto contabile inferiore a due terzi del capitale.
Ciò, a parere dei redattori del documento, non comporta incompatibilità delle previsioni contenute nel primo comma dell’articolo 2446 e nei commi 1, 2, 3 dell’articolo 2482-bis cod. civ. e, pertanto, ogni volta che la cooperativa versi in una situazione potenziale di patrimonio netto inferiore a due terzi del capitale, è necessario che l’organo di controllo si attivi, nel caso di inerzia degli amministratori, per convocare i soci cui verrà sottoposta in assemblea una relazione sulla situazione patrimoniale da parte degli amministratori corredata dalle osservazioni dei sindaci. Queste osservazioni dovranno opportunamente valutare le soluzioni proposte per la copertura della perdita. Procedere alla convocazione in luogo degli amministratori pone al sicuro da eventuali future contestazioni, ma, per evitare una laboriosa verifica sul corretto ammontare di una perdita conseguita in corso d’anno, potrebbe essere considerato sufficiente il controllo sulle risultanze del bilancio annuale, senza che nessuno possa imputare omissioni ai sindaci.
Senza dubbio, i commi 2 e 3 articolo 2446 e 4, 5 e 6 articolo 2482-bis cod. civ., che disciplinano la riduzione del capitale in proporzione alle perdite, se queste non rientrano sotto il limite del terzo del patrimonio netto entro l’esercizio successivo, non possono essere compatibili con la normativa sulle cooperative, dal momento che, come visto, la riduzione del capitale non comporta modifica dell’atto costitutivo e di conseguenza una tale delibera non potrebbe essere iscritta al Registro delle imprese. I soci, pertanto, informati ogni anno della situazione patrimoniale in perdita, potrebbero legittimamente decidere di non procedere ad alcuna riduzione. I creditori sociali potranno comunque conoscere la situazione di “difficoltà” ed essere quindi tutelati consultando il bilancio annualmente depositato.
Tanto meno possono essere applicati alle cooperative gli adempimenti più stringenti di cui agli articoli 2447 e 2482-ter cod. civ., proprio perché non è previsto un valore minimo legale del capitale sociale, al di sotto del quale l’assemblea convocata dagli organi sociali deve deliberare sulla riduzione e contestuale aumento dello stesso al minimo di legge. Non a caso l’articolo 2545- duodecies citato non contempla, tra le cause di scioglimento delle cooperative, il n. 4) dell’articolo 2484 cod. civ., ovvero appunto la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale.
È, ovviamente, fatta salva l’ipotesi dello scioglimento per perdita integrale del capitale sociale.